Neural Network Dynamics in Entorhinal Cortex: Space  and Time

A LECTURE BY

PROF. EDVARD I. MOSER, 2014 Nobel Prize in Physiology and Medicine, NORWEGIAN UNIVERSITY OF SCIENCE AND TECHNOLOGY

WEDNESDAY | OCT 8, 2025

Recentemente ho ascoltato questa splendida presentazione di Edward I. Moser Neural Network Dynamics in Entorhinal Cortex: Space and Time. Questa presentazione si trova adesso su YouTube con libero accesso.   

Ecco un breve racconto della presentazione.

Introduzione: il problema che il cervello deve risolvere

  • Il cervello deve continuamente rappresentare dove ci si trova nello spazio (navigazione) e quando nel tempo (ordine e durata degli eventi).
  • Le regioni chiave coinvolte in queste rappresentazioni sono l’ippocampo e la corteccia entorinale, strutture strettamente connesse tra loro. 
  • All’interno della corteccia entorinale (in particolare nella sua parte mediale, “medial entorhinal cortex”, MEC), sono presenti cellule a griglia (grid cells), che si attivano in maniera regolare quando un animale esplora uno spazio bidimensionale: il loro schema di attivazione assomiglia a un reticolo esagonale che “copre” tutto l’ambiente in cui si muove il topino.
  • Nell’intervento, Moser mostra come, grazie a tecnologie recenti, oggi possiamo osservare l’attività simultanea di migliaia di neuroni mentre l’animale si muove, e studiare la dinamica collettiva di queste reti neurali.
La figura mostra l' ippocampo nel contesto dell' encefalo
L’ippocampo e la corteccia entorinale. La figura a destra mostra l’ippocampo nel contesto dell’ encefalo (riquadro verde piccolo). Pubblico dominio Ippocampo, Anatomia 2024

Il modello di “attrattore continuo” e la geometria toroidale nei network di grid cells

Una delle idee teoriche centrali che Moser espone è che l’attività collettiva delle grid cells, all’interno di un “modulo di griglia”, sia organizzata secondo un attrattore continuo su una superficie toroidale (cioè una “ciambella”). Ecco cosa significa e perché è importante:

  • Un attrattore è uno stato verso cui un sistema dinamico tende. In un “attrattore continuo”, l’attività può muoversi lungo dimensioni continue (non solo saltare fra stati discreti).
  • Nel caso delle grid cells, l’idea è che la rete tenga traccia della posizione “internamente”: i neuroni interagiscono reciprocamente, e l’attività si sposta sulla superficie toroidale mano a mano che l’animale si muove.
  • Importante: questa dinamica toroidale è osservata indipendentemente dagli input sensoriali correnti (cioè anche in oscurità o durante il sonno). Ciò suggerisce che la griglia non è semplicemente “costruita” dai segnali sensoriali, ma è una proprietà intrinseca della rete.  
  • Moser riferisce che già nei primissimi stadi dello sviluppo (prima che gli occhi o orecchie siano aperti e funzionanti) emerge la topologia toroidale nei neuroni entorinali – cioè prima che l’animale abbia un’esperienza spaziale significativa. Questo indica una componente fortemente “innata” nel meccanismo spaziale. 

Questa visione mette in luce un’idea potente: la rappresentazione spaziale del cervello non è solo reattiva, ma ha una struttura interna stabile che guida l’attività neurale, proattiva.

Relazione tra grid cells e place cells

  • Le place cells sono neuroni nell’ippocampo che si attivano quando l’animale si trova in una specifica posizione (una “cella di luogo”).
  • Moser afferma che la dinamica delle grid cells e quella delle place cells sono strettamente collegate: i “moduli” di grid cells possono condizionare come l’ippocampo passi da una mappa spaziale all’altra (cioè come può “cambiare” da una rappresentazione spaziale a un’altra).  
  • In sostanza, le grid cells possono fornire una struttura coerente che supporta la codifica della posizione nell’ippocampo, in modo che le place cells rispondano dentro quel contesto con mappe stabili. Le place cells dell’ ippocampo tengono nota e memoria dei movimenti e degli attraversamenti significativi dei moduli delle grid cells, supportando così informazioni base che sono elaborate nella memoria autobiografica.

Codifica del tempo nella corteccia entorinale laterale (LEC)

Un aspetto affascinante del talk è la parte dedicata alla codifica del tempo nella corteccia entorinale laterale (LEC):

  • Moser descrive come la rete nella LEC codifichi intervalli temporali che vanno da pochi secondi a qualche ora, non semplicemente come un orologio lineare, ma tramite la dinamica collettiva dello stato della popolazione neuronale.
  • In altre parole, l’“identità” del tempo trascorso è rappresentata come una posizione in uno spazio che è una successione  di stati neurali.
  • Un punto interessante è che la LEC segmenta l’esperienza cumulativa in “pezzi temporali” discreti — frammenti di tempo significativi, che possono poi servire come mattoni per la memoria che ricostruisce l’ordine degli eventi (la memoria autobiografica).  
  • Questo meccanismo consente alla memoria di “ricordare” non solo cosa accade, ma quando nel contesto di un’esperienza più lunga.

Aspetti tecnici: come si misura tutto questo?

Per arrivare a queste conclusioni, il laboratorio di Moser utilizza tecnologie all’avanguardia:

  • Sonde Neuropixels e tecniche di imaging al calcio su larga scala permettono di registrare simultaneamente l’attività di migliaia di neuroni in animali che si muovono liberamente.
  • Con l’aumentare della scala delle registrazioni, si è potuto passare da studiare cellule isolate a studiare popolazioni neurali e le loro dinamiche collettive.
  • Inoltre, si applicano metodi di analisi avanzati, tra cui l’analisi topologica dei dati, per determinare la forma geometrica (topologia) dello spazio di attività neurale (ad esempio, identificare la forma toroidale).  
  • L’approccio è fortemente integrato: teoria (modelli di network, attrattori continui), tecniche sperimentali e metodi computazionali lavorano insieme.

Implicazioni e domande aperte

La lezione di Moser non è solo una “presentazione di risultati”, ma una riflessione su come la teoria, l’esperimento e l’analisi si influenzino reciprocamente. Alcune delle questioni emergenti:

  • Qual è l’architettura precisa delle connessioni tra grid cells che consente questa dinamica toroidale? I modelli teorici spesso ipotizzano connessioni molto ordinate (eccitatorie verso cellule con fase simile, inibitorie verso altre), ma non è chiaro se il cervello reale utilizzi uno schema così idealizzato.
  • Qual è la tolleranza al rumore (imprecisione nelle connessioni) nei network con attrattori continui?
  • In che misura la codifica temporale nella LEC si combina con la codifica spaziale per supportare la memoria di eventi: come il cervello collega il dove e il quando.
  • Come generalizzare questi concetti (attrattori continui, codifica temporale) ad altre funzioni cerebrali, oltre spazio e tempo.

Grid cells e Place cells in dettaglio

Questa è una delle parti più affascinanti della scoperta di Moser e colleghi. Ecco  passo passo come funzionano e come interagiscono grid cells e place cells.

Place cells (corteccia ippocampale, soprattutto area CA1 e CA3)

Ogni neurone “si accende” in una specifica posizione dell’ambiente. Quindi ogni cellula ha un place field, cioè un punto/localizzazione dove scarica preferenzialmente. L’insieme di molte place cells fornisce una mappa cognitiva dell’ambiente: ogni luogo è rappresentato da una combinazione unica di cellule attive.

Grid cells (corteccia entorinale mediale, MEC)

Questi neuroni si attivano in più posizioni disposte in un reticolo esagonale regolare che ricopre tutto l’ambiente. Ogni cellula “segna” posizioni equidistanti: non un solo luogo, ma una griglia di punti nello spazio. Diverse grid cells hanno griglie con scale e orientamenti diversi → insieme creano una sorta di sistema di coordinate interne.

Relazione tra grid e place cells

Le grid cells forniscono un sistema metrico e regolare → come un GPS interno che misura distanze e direzioni. Le place cells combinano input da più grid cells e da altri segnali (visivi, olfattivi, contestuali) per costruire mappe specifiche di un ambiente. Quindi: Grid cells = coordinate generali dello spazio (universali, regolari, ripetitive). Place cells = mappe contestuali, specifiche per un ambiente.

Walter Borsini (con Chat GPT) 12 ottobre 2025

Dinamica di interazione

Input entorinale (grid cells) ippocampo (place cells): Le grid cells proiettano alle place cells nell’ippocampo. Una combinazione di fasi e scale di griglia attive in un punto specifico dello spazio genera l’attivazione di una place cell in quella posizione.

Remapping ippocampale: Se l’ambiente cambia molto (nuovo contesto, nuova stanza), le place cells “rimappano” (cioè cambiano i loro campi). Le grid cells invece mantengono la loro struttura regolare, fornendo un quadro stabile.

Ruolo nella memoria:
L’ippocampo non solo rappresenta lo spazio ma associa eventi, oggetti e significati ai luoghi. Le grid cells, fornendo il codice metrico, permettono di collocare queste memorie su una “mappa spaziale coerente”.

Esempio intuitivo

Immagina che le grid cells siano come il reticolo di latitudine e longitudine di una mappa: regolare, sempre presente, uguale ovunque.

Le place cells sono come i punti di interesse (POI): casa, lavoro, bar preferito. Non dipendono solo dalle coordinate, ma anche dal contesto (colore delle pareti, odore, suoni, esperienze fatte lì).

In sintesi

Grid cells danno la struttura geometrica → uno “spazio interno” continuo e regolare. Place cells usano questa struttura per costruire mappe specifiche e contestuali.

L’interazione MEC–ippocampo permette sia la navigazione spaziale precisa sia l’ancoraggio della memoria episodica a un luogo.

PERCHE’ QUESTA PRESENTAZIONE E’ IMPORTANTE PER LE NEUROSCIENZE MA ANCHE PER LA FILOSOFIA E LE RICERCHE SULLA COSCIENZA

La presentazione del Prof. Edward Moser è il racconto dei brillanti risultati ottenuti dal dinamico gruppo di ricerca da lui diretto in Norvegia. 

Il professore racconta questi risultati, ma fa di più. Egli riesce a collocarli all’ interno di un quadro complessivo, convincente,  perchè nello stesso tempo sperimentale e concettuale. 

Lo scenario è quello dei meccanismi attraverso cui il sistema nervoso (più in generale, l’ organismo) costruisce la conoscenza di sé stesso e del mondo esterno.

Quello che il professor Moser racconta è che il sistema nervoso in sviluppo costruisce le categorie dello spazio-tempo indipendentemente dall’ esperienza nel mondo esterno.  

Come è descritto nel capitoletto precedente, nell’ ippocampo e nella vicina corteccia entorinale, si costruiscono le mappe spaziali e temporali dei movimenti e dei luoghi attraverso cui passa con maggiore o minore frequenza l’ organismo. Queste mappe sono, nella loro struttura, già pronte prima che il topino apra gli occhi e quindi già nei primi giorni post-natali. Sono già funzionanti a P10 (dieci giorni dopo la nascita) mentre l’ esplorazione attiva dell’ ambiente circostante inizia a P15 (15 giorni dopo la nascita) . 

Crescendo, il topino come l’ essere umano, rimodellerà queste mappe.

Questo scenario mette alla prova idee diffuse su come si organizza e funziona il sistema nervoso e su come  si rapportino tra loro l’ auto-costruzione del sistema nervoso stesso durante lo sviluppo e il suo successivo, continuo rimodularsi sulla base dell’ esperienza nel mondo esterno. 

Spazio e Tempo : una mappa generata "intrinsecamente" (indipendente dall' esperienza)
Spazio e Tempo : una mappa generata “intrinsecamente” (indipendente dall’ esperienza)

E’ importante ricordare che il sistema nervoso si autocostruisce attraverso tre  principali dinamiche: (1) l’ attuazione del piano genetico/epigenetico (che ci porta anche l’ eredità specie -specifica); (2) l’ autocostruzione dei circuiti, che è il processo di competizione attraverso cui si formano le reti sinaptiche , e che è indipendente dall’ esperienza; (3) la rimodulazione e validazione delle reti neurali attraverso l’ esperienza. Questi processi sono attivi in modo drammatico durante le fasi di sviluppo, ma in realtà sono attivi lungo tutta la vita. 

Da secoli la discussione scientifica e filosofica si è polarizzata sulle  dinamiche tra innato e acquisito, tra geni e ambiente, misconoscendo completamente la dinamica auto-costruttiva indipendente dall’ esperienza, che invece è essenziale quanto l’ esposizione all’ ambiente nella crescita e nella conoscenza. E questo nonostante che i processi neurali della dinamica auto-costruttiva indipendente dall’ esperienza sino ben conosciuti in neuroscienze. E’ ben noto che essi intervengono ad esempio nella corticogenesi, nella costruzione precoce degli stati comportamentali del neonato e del feto, nelle acquisizioni delle competenze durante lo sviluppo e anche nei processi di riparazione della connettività tra nervo periferico lesionato e il muscolo dipendente da quello. Per un trattamento esteso di questi argomenti si può fare riferimento  a Kandel, Koester, Siegelbaum et al 2021, in particolare nella parte VII, cap 48 Formation and elimination of synapses, nonchè al mio libro Coscienze. Dall’ evoluzione naturale  alle società umane, che parla estesamente delle tre dinamiche  in particolare nella prima parte del libro (Raccontare la coscienza).

Quello che voglio sottolineare qui è che le tre dinamiche sono attive contemporaneamente, sono sinergiche, manifestanosi in un’ ordine preciso, così che ognuna è funzione delle precedenti. L’ esperienza cosciente ci può essere solo se i circuiti autocostruiti indipendenti dall’ esperienza sono ben conformati; e questi ultimi si formano correttamente solo se il piano genetico – epigenetico è andato a buon fine e non presenta disordini.  

Nell’insieme tutti questi processi  costituiscono quello che Maturana e Varela (1981 Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente) hanno chiamato autopoiesi dell’ organismo nel suo contesto.  

A questo punto possiamo comprendere che la costruzione a priori delle categorie dello spazio-tempo, che avviene nel topino durante lo sviluppo è espressione, appunto, dei processi autocostruttivi del sistema nervoso centrale, indipendenti dall’ esperienza. Queste categorie a priori, autocostruite, saranno successivamente validate (trasformate) durante la effettiva esperienza nel mondo esterno.

Tornando alle mappe descritte dal professor Moser, queste sono anche alla base della memoria autobiografica, dei luoghi e degli eventi (quando, durata) vissuti dal soggetto in prima persona. 

Per quanto riguarda il tempo c’è un organizzatore unidirezionale che indica tempo trascorso e le durate. Il tempo autobiografico codificato nella corteccia entorinale e nell’ ippocampo, non è continuo e regolare (omogeneo) come il tempo degli orologi. Piuttosto è discontinuo e irregolare, e si autocostruisce sulla base della intensità e numerosità degli accadimenti che avvengono al soggetto lungo la linea del tempo. Un tempo ricco di eventi ed accadimenti significativi  sarà espanso e completamente diverso da un tempo povero di accadimenti.  

il paesaggio è visto e codificato attraverso uno schema geometrico
il paesaggio è visto e codificato attraverso uno schema geometrico

Le categorie a priori sono  costruite dal sistema nervoso nello spazio peripersonale e sperimentate nel sogno.

Le ricerche del professor Moser e dei suoi collaboratori hanno mostrato anche che le mappe spazio-temporali dell’ ippocampo e della corteccia entorinale sono attive e funzionanti anche durante i sogni, quando il topino sogna.  Registrando dalle cellule di quelle strutture con microelettrodi e con tecnologie di avanguardia si può vedere come il topino si muove nello spazio del sogno, come si muove in quello della realtà.

Ci sono in letteratura addirittura report che collegano gli spostamenti del topino nel sogno agli spostamenti effettivi fatti in precedenza o a quelli che farà il giorno dopo. Ad esempio è stata descritta la possibilità che il topino all’ indomani del sogno sia più propenso ad esplorare gli spazi del laboratorio che ha sognato invece che gli altri. Si tratta di osservazioni suggestive seppure non ancora così forti e pregnanti da considerare definitive.

Le mappe sono attive (ma con modalità di funzionamento e finalità diverse) anche durante il sonno NREM (almeno nelle fasi più leggere). I ricercatori sottolineano che entrambe le fasi del sonno mostrano attività delle strutture spazio-temporali, ma distinguono chiaramente le due modalità: nel REM le mappe sono “vissute” come movimento (esperienza onirica), nel NREM sono “schemi compressi” che servono a consolidare e a predisporre.

Queste osservazioni riaprono il discorso sul significato di rappresentazione del mondo che il sistema nervoso costruisce, e sulla discrepanza/affidabilità che caratterizza questa ricostruzione.

E’ verosimile che altre strutture e funzionalità dell’ organismo siano costruite a priori dala sistema nervoso, alla stregua di quanto accade per la struttura spazio-temporale appena descritta.

E’ questo il caso della costruzione degli stati comportamentali veglia, sonno e sogno. Le strutture neurobiologiche che li supportano sono già presenti nel feto del III trimestre di gravidanza (A. Piontelli 2015  Development of normal fetal movements; the last 15 weeks of gestation; Walter Borsini 2025, Coscienze Dall’ evoluzione naturale alle società umane). In quel periodo, le strutture neurali che controllano gli stati comportamentali si alternano in un ciclo breve sonno – veglia che dura circa 90 minuti. Ci sarà poi un grande trasformazione di questa organizzazione ciclica e delle sue strutture apriori che porta il bambino all’ acquisizione del ciclo circadiano veglia – sonno nel corso de primi 6 mesi di vita post-natale. Questa acquisizione mantiene la periodicità dei cicli brevi durante il sonno notturno, e contemporaneamente mette il soggetto in grado di esplorare in maniera affidabile e proattiva il mondo esterno (il che equivale a dire che si è auto-costruita una struttura neurobiologica in grado di essere validata dall’ esperienza esterna).

Walter Borsini 12 ottobre 2025