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Scenario medio-orientale e futuro della Palestina

Immaginiamo di vedere quello che accade oggi in Palestina con il distacco di chi racconta o legge una storia avvenuta molti anni prima. 

Cosa si scriverà nei libri di storia del futuro a proposito di alcuni dei protagonisti che sono sulla scena oggi in Medio Oriente, come Yahya Sinwar, uno dei capi di Hamas, Benjamin Netanyahu, che governa lo stato di Israele, Joe Biden, presidente attuale degli USA e infine gli ajatollah iraniani e gli altri paesi arabi?

Cosa leggeremo sui libri di storia che si studieranno nelle scuole tra qualche decina di anni a proposito del terrorismo spietato di Hamas, della invasione israeliana di Gaza, con la sua strage degli innocenti, dell’ arlecchinesco Biden che saltella tra foraggiare di miliardi l’esercito israeliano e il tirar per la giacchetta Netanyahu perché rispetti almeno i civili?  e cosa leggeremo dei popoli arabi della zona, dall’ Iran all’Arabia Saudita al Qatar, che mostrano un protagonismo inconcludente che copre in realtà una totale indifferenza verso i destini dei palestinesi? E cosa leggeremo ancora delle numerose altre comparse  di questa storia, come l’ Europa e l’ ONU?

La mia domanda non è: chi ha ragione o torto, chi sta tra i buoni e chi tra i cattivi. Ma piuttosto cosa sta accadendo, verso dove stiamo andando. Mi piace guardare agli eventi attuali (o meglio al racconto che ne vien fatto dai media)   chiedendomi come saranno raccontati una volta che saranno divenuti distanti,  nell’irreversibilità della storia. 

Nella vicenda della guerra in Palestina, uno spettatore distaccato, in una prospettiva storica, molto probabilmente vede e riconosce processi e meccanismi che descrivono le azioni degli esseri umani e delle loro società  fin dalla notte dei tempi.

Le quattro figure che seguono rappresentano alcuni dei protagonisti della guerra in Palestina. Di questi protagonisti si cerca di mettere in evidenza i tratti salienti del loro comportamento e della loro motivazione.

Hamas o la strage degli innocenti. Il primo personaggio di cui ci occupiamo  è Hamas. Le organizzazioni terroristiche hanno in sprezzo la vita individuale e si servono del terrore, come i popoli civili si servono della diplomazia o del commercio. Il terrore è la loro gloria e la loro moneta, la loro arma e la loro religione. I terroristi mettono anche la loro vita al servizio del terrore,  fino a morire per missione. Il disprezzo per la vita individuale li avvicina ai potenti autocrati, anch’essi sprezzanti delle sorti individuali e privi di esitazioni quando si tratta di uccidere in maniera spietata un avversario anche se inerme. Su questi meccanismi abbiamo visto in passato fondarsi il potere nazista, che pensava anche in termine di epurazioni di massa, e adesso vediamo quello russo, che considera invece epurazioni mirate degli avversari politici. Uccidere innocenti o addirittura provocare strage di innocenti è qualcosa per cui terroristi e autocrati non battono ciglia.  Il terrore crea un legame forte come il sangue tra alcuni contro altri, da decine di migliaia di anni.

La strage degli innocenti voluta da Erode il grande, re di Giudea,  è esemplare di tutto questo: per uccidere il neonato inerme che in futuro avrebbe potuto detronizzarlo, Erode fa uccidere tutti i neonati venuti alla luce in quel periodo.  Verità o leggenda, la strage degli innocenti ha una sua verità, è l’esasperazione di quello che un tiranno può fare per raggiungere o difendere il suo potere. E’ rappresentazione e simbolo di forze estreme che agitano l’ animo umano e che non sono ancora sopite (potere, odio, disprezzo della vita individuale) .

La immagine mostra Benjamin Netanyahu con espressione aggressiva, che impugna un mitra

Netanyahu il profeta armato combatte Hamas e invade Gaza mandando a morte oltre 30000 palestinesi, molti dei quali civili, compreso donne e bambini. In occidente si discute sia strage o no. Immagine di fantasia creata con Midjourney

Benjamin Netanyahu il profeta armato e l’ invasione di Gaza con i suoi oltre 30000 palestinesi uccisi dall’ esercito israeliano. Benjamin Netanyahu viene al potere nel 1996, poco dopo l’assassinio di Rabin, e sostanzialmente vi resta con alcuni intervalli fino ad oggi. La storia ci dice che le autorità israeliane, in questo frattempo, hanno approvato modifiche dei loro ordinamenti che sottolineano sempre più il carattere ebraico dello stato di Israele.
In un’ottica fortemente identitaria, questo stato, nella sua legge fondamentale approvata nel 2018, diviene lo Stato Nazione del popolo ebraico, non uno Stato formato dai suoi cittadini, non uno Stato in cui più popoli convivono. (AGI: Da stato democratico a stato ebraico).

La politica espansiva delle autorità israeliane, inoltre, ha favorito l’infiltrazione continua dei coloni israeliani armati in Cisgiorndania, nonostante le raccomandazioni contrarie dei presidenti americani, da Obama a Biden. La nuova norma approvata dal parlamento israeliano stabilisce che, in ogni accordo di pace, si dovrà prevedere che Gerusalemme sia la capitale di Israele, e che la sede del governo di Israele rimanga a Gerusalemme. Gerusalemme, con il cosi detto miglio sacro che comprende il Muro del Pianto, la Spianata delle Moschee e il Santo Sepolcro, viene indicata come capitale indivisa di Israele, a dispetto di tutte le precedenti carte dell’ ONU che prevedono una Gerusalemme a statuto speciale.
Infine, dopo il 7 ottobre, Netanyahu ha colto sta mostrando senza esitazione qual è il futuro che vuole a qualunque costo, cioè dare a Israele il territorio che le spetta per storia e destino, l’ intera Palestina. Netanyahu, nella prospettiva storica, non è semplicemente il capo di un governo, è un soldato profeta, che si propone di restare nei libri di storia per avere compiuto il destino di Israele. Questa è la sua missione. Le mire espansionistiche di Netanyhau sono ormai dichiarate apertamente da lui stesso.

Joe Biden si comporta arlecchinamente, tirando per la giacchetta Netanyahu e cercando di indurlo ad un cessate il fuoco umanitario, mentre lo foraggia di denaro e di supporto diplomatico all’ ONU

Parliamo adesso di Joe Biden, l’attuale Presidente degli Stati Uniti. Noi occidentali siamo alleati storici degli israeliani, perché Israele è la testa di ponte  del mondo occidentale in quella regione calda e strategica, e per i ben noti trascorsi (ancora oggi fonte di preoccupazione)  della persecuzione degli ebrei avvenuta in Germania e non solo, in Europa. Biden tira Netanyahu per la giacca, ricordandogli i suoi doveri morali, e l’ importanza di  un cessate il fuoco umanitario. Si tratta in tutta evidenza di una messa in scena. Infatti, mentre  Biden e  Blinken, il suo ministro degli esteri, chiedono un cessate il fuoco umanitario, nello stesso tempo bloccano più volte le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ ONU che chiede ai due contendenti, Israele e Hamas, di cessare immediatamente il conflitto. In questa maniera , gli USA paralizzano il potere di intervento dell’ ONU  e, come se non bastasse, danno miliardi a Israele per comprare e costruire armi, sostenendo così la guerra e l’invasione di Gaza. Come tutti sanno, le possibilità di Biden di vincere le prossime elezioni di novembre sarebbero significativamente ridotte se lui prendesse adesso una posizione forte per fermare Israele.

Gli ajatollah iraniani. Per loro, in primo piano è lo scontro con l’Occidente, piuttosto che il sostegno ai palestinesi per la costruzione di uno stato strutturato in un loro territorio. 

E infine gli arabi e i popoli musulmani del Medio Oriente. La loro posizione è differenziata, ma un tratto hanno in comune. Nessuno è stato in grado finora di sostenere i palestinesi verso la costruzione di uno stato strutturato e indipendente, e sopratutto nessuno vuole tendopoli di profughi palestinesi nel propio territorio, che tendono a prima o poi a costituire un’ entità non governabile dallo stato centrale che li ospita. La strategia di alcuni paesi arabi è dettata dagli attriti tra Occidente (come cultura e come potenza avversaria) e Oriente arabo, piuttosto che dall’ esigenza di aiutare i palestinesi (ormai spinti sempre più verso una vita da profughi) a costruirsi un proprio stato, cosa tra l’ altro diventata ormai quasi impraticabile  per la politica espansionistica di Israele in Palestina che dura da decenni.

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