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Nel cielo di Kiev

La battaglia di Kiev 1941
La battaglia di Kiev 1941. Le truppe naziste sconfissero e massacrarono l’ esercito sovietico a Kiev nel 1941 https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5432553

Nel cielo di Kiev (violenza e civiltà)

25.2.2022

di Walter Borsini

Appoggiandomi al parapetto, sul davanzale di  San Miniato al Monte, osservo giù sotto di me il distendersi consueto delle cupole, dei campanili e dei tetti rossi, il colonnato del piazzale degli Uffizi e i ponti sull’ Arno. La gente si affretta nella giornata invernale mentre io sento il freddo sulle guance e immagino che siano arrossite.  Le persone appaiono gioiose o inquiete, ma la loro città le accoglie benevola, forse un pò annoiata, o affaticata, per i tenti sguardi distratti e il calpestio continuo delle sue strade.

In questa città, la gente vive, si affanna, si eccita, si esalta e soffre in pace.

Una città in pace è una città dove le persone si sentono sicure e non temono aggressioni, pensano che la condizione di pace durerà anche domani, e domani troveranno ancora la loro città placida, annoiata, accogliente.

Un brusco risveglio si può avere per tanti motivi, imprevedibili, un’alluvione per esempio, o un attentato terroristico. In tutti i casi, la gente sa che la città si risolleverà, e, con l’ aiuto dei suoi abitanti, tornerà ad essere quel rifugio sicuro che conoscono bene, a loro disposizione, oggetto di amore e di consumo.

Un pensiero si è annidato nei nostri cuori, lì dimenticato dal tempo. La civiltà, l’educazione, il rispetto tra gli abitanti manterrà questa città in pace. I conflitti saranno risolti parlando. Non per nulla siamo arguti e brillanti, possiamo comunicare le nostre idee e le nostre intenzioni, c’è spazio per l’ ascolto e attraverso la conversazione potremo uscire dai conflitti, trovare le giuste mediazioni, un forte consenso. 

La civiltà non è solo desiderio di pace, ci dà gli strumenti per vivere in pace.

Una scolaresca sale i ripidi scalini di San Miniato al Monte, e le maestre durano qualche fatica  a tenerli a bada. Il rumore della ghiaia sotto le scarpe dei ragazzi mi distrae dai miei pensieri.

E’ un vortice che mi gira nella testa, nella mia immaginazione, di città fortificate, di castelli medioevali, di spedizioni coloniali, di conquiste nella foresta dell’Amazonia , di bombardamenti su Londra, di stermini nazisti, e non solo nazisti, ed ecco mi sembra di vedere una fila di  elicotteri sparare fumate nere e lingue di fuoco sui tetti rossi, sulle torri e i campanili della Firenze stupita e muta sotto di me. Mi ricordo le immagini in TV dell’ aggressione russa in Ucraina e gli elicotteri nel cielo di Kiev

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L’ Europa, con il suo lungo susseguirsi di culture e civiltà, da quella greca e romana al rinascimento italiano, a quella inglese e francese, alla più recente mitteleuropea, germanica ed ebraica, ha costruito una civiltà sofisticata e complessa, che cerca di far convivere non città, ma popoli, nazioni diverse, e opera per farli convivere in un contesto non autoritario, garantendo a tutti voce, nella convinzione che le regole e il diritto, la comunicazione e la ragionevolezza, la conoscenza scientifica e il rispetto dell’ individuo da parte dello stato, che tutto questo possa produrre una cultura di pace. Ne abbiamo bisogno. Lo shock del nazismo e della seconda guerra mondiale  ha dato forza a questo impegno, di mettere al primo posto  la cultura, l’ immaginario dei cittadini e il loro benessere. Le istituzioni sociali e politiche mettono a punto gli strumenti  perché si possa vivere in pace. 

In questi giorni, ci siamo resi conto che la civiltà non è sufficiente a garantire la pace. La Russia ha appena invaso l’ Ucraina, senza che nessun altro, europei, americani, Nazioni Unite siano stati in grado di fare nulla. L’ aggressione a questa nazione nel cuore dell’ Europa fa crollare un mito. Che la pace e la civiltà, in particolare  in Europa, fossero due dimensioni  che procedono di pari passo, l’ una conseguenza dell’ altra. Dove c’è l’una, c’è anche l’altra.  Così non è. 

Mi auguro che accada qualcosa che arresti l’invasione russa e contribuisca a dimostrare che non è con l’invasione che si risolvono  i problemi di sicurezza degli stati e che la influenza geopolitica delle nazioni si può far crescere con altri metodi. Ma non riesco al momento a vedere alcuna altra strada che la resistenza ucraina.

A questo punto, mentre le colonne di fumo si levano nel cielo di Kiev, le case bruciano e gli ucraini  con il volto insanguinato escono dalle loro case frantumate, non c’è spazio per stare a discutere di chi siano le responsabilità e come si sia arrivati a questo. Gli americani sono  interessati quanto i russi al controllo geopolitico del mondo, e l’hanno dimostrato bene con la seconda invasione dell Iraq.  Gli europei non hanno potenza militare, se non altro perché non hanno un comando e una volontà unici. Americani ed europei hanno dichiarato che alzeranno il livello di guardia, puniranno economicamente e politicamente (?) Putin, ma le loro forze non entreranno direttamente in Ucraina, a fare da scudo all’ invasione russa. Insomma l’ Ucraina è lasciata nelle mani dell’ invasore, dopo tanti proclami europei e americani sull’indipendenza degli stati, che devono essere padroni del loro destino. Certo, entrare all’ interno del confine ucraino da parte degli europei vorrebbe dire la guerra diretta con Putin, anche se ci fermasse solo a presidiare una parte del territorio ucraino, senza attaccare direttamente i russi. In fondo, entreremmo lì solo per difendere la libertà degli ucraini, che abbiamo tanto proclamato a parole, tante parole sul  loro dirtto ad entrare nella Nato, a allearsi con l’ Europa, se così volevano.

Ovviamente, spero che questa dimostrazione di debolezza nei confronti di Putin sia in realtà una dimostrazione di calma, e che serva a preparare il terreno per un rapido cambiamento di scenario, che costringa Putin a fermarsi e tornare indietro, ad esempio per il convergere della resistenza ucraina, della disapprovazione  generale degli stati e magari anche di contrasti interni alla leadership russa. Tutto questo però richiederà tempo. Un rapido raggiungimento dei suoi obbiettivi di annessione e controllo dell’ Ucraina è invece quello che serve a Putin per evitare di logorare la sua figura di politico a tutto tondo, che non esita a usare la forza militare in vari e differenti scenari, dalla Siria alla Ucraina.  Ma, devo dire con un po’ di cinismo, che una soluzione rapida del conflitto, potrebbe anche ridurre le sofferenze fisiche , immediate, concrete degli Ucraini e i rovelli e rimorsi degli europei. In poco tempo l’ invasione sarebbe dimenticate e di necessità le trattative con la Russia sarebbero riprese per le necessità reciproche di gas e denaro, di commercio e scambio.

C’è spazio a delle trattative, magari segrete, per salvare l’ Ucraina? Sotto la pressione delle armi occupanti, direi che non ci può essere spazio per le trattative , ma solo per la resistenza attiva degli Ucraini e per le azioni di contrasto economico-politiche, se non militari ,dell’ Europa.

Ma comunque proviamo ad immaginare su cosa potrebbero basarsi delle trattative che avessero come scopo una rapida cessazione della guerra e nello stesso tempo la libertà dell’ Ucraina di decidere la propria sorte.

Per diversi anni, Europa e Usa hanno visto con favore e incoraggiato il desiderio e la libertà decisionale dell’ Ucraina, che  voleva allearsi e stringere legame con l’ Europa  stessa e con la Nato, per farsi proteggere dalla minaccia russa. Naturalmente Putin per anni aveva intenzioni opposte e ha operato in questo senso. Putin, molto più manesco e deciso, molto più uomo di  fatti  che di chiacchiere, alla fine ha deciso di invaderla per porre fine alla questione, e garantirsi  l’egemonia su quei territori, una volta facenti parte dell’ impero sovietico e con tanti legami storici con la Russia. Kiev ad esempio è stat sede della battaglia omonima nel 1941 , quando le truppe tedesche sconfissero e trucidarono l’esercito sovietico che ra di stanza in quella città. L’ Ucraina e Kiev sono per lui garanzia di sicurezza rispetto alla influenza atlantica ed europea. 

Quindi, su cosa si può basare un eventuale accordo, che vada bene sia per Putin che per l’Europa e anche per gli Ucraini? Non lo so certo, e mi sembra un ragionamento per assurdo, visto che siamo nel bel mezzo di un’ invasione armata. Penso tuttavia che, se tutti gli attori in gioco fossero stati più prudenti e collaboranti nei dieci anni passati, forse avremmo adesso un Ucraina non schierata con l’Europa, non nella Nato, ma autonoma e senza gli elicotteri e i carri armati russi nelle strade e i cieli delle sue città.

La civiltà dunque non basta da sola  a proteggerci dalla aggressione e dalla guerra. Ci aiuta a vivere in pace, certo, ma è anch’essa fragile e tuttora in un alleanza perversa  con altre strategie di azione, di controllo, di scontro e di competizione, che non sono sparite dalla faccia della terra nemmeno in europa. L’azione militare, la forza, la violenza e la guerra fanno parte a pieno titolo dell’armamentario delle vicende geopolitiche, allo stesso titolo della civiltà e della pace. Esse non sono meno importanti e meno perseguite nel mondo di quanto lo siano il dialogo, la comunicazione, il diritto e le fratellanza.

pitture rupestri di caccia
Pitture rupestri di caccia in Algeria. Evidente l’ uso dell’ arco https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=876432 

Da sempre. Abbiamo costruito un mondo e delle relazioni sociali così sofisticate, ma non ci siamo mai smentiti . Fin da quando eravamo dei gruppi di raccoglitori-cacciatori, la stretta di mano e l’ aggressione sono state due strategie disponibili per risolvere i problemi e la competizione per le risorse disponibili.

Le pitture rupestri di 15000 anni fa ci fanno vedere i nostri antenati correre con gli archi in mano, inseguendo animali che essi stanno cacciando. Molti archeologi ritengono che archi e frecce  siano comparsi  già  60000 anni fa.  La freccia colpisce da lontano e toglie molte remore all’aggressione e all’ uccisione, rispetto a percuotere lil cranio con mazze di legno e pietre. Facilita anche la caccia individuale, per sé e per la propria famiglia, accanto a quella più antica della caccia di gruppo. In alcune aree geografiche, l’ introduzione della freccia e dell’ arco, laddove c’era competizione per le risorse naturali, come il pesce, sulle coste dell’Africa, portò alla conseguenza che popolazioni di umani sopravvenute si sostituirono a precedenti popolazioni umane, che non avevano ancora sviluppato la tecnologia dell’arco. Gli umani che lanciano frecce che solcano il cielo anonime e uccidono con un sibilo il pescatore che tira a riva le sue rete, mentre il figlio e la compagna guardano atterrite  e stupite, non sono diversi da un punto di vista neuroevolutivo da noi europei, che guardiamo alla televisione le scie di fumo e fiamme nel cielo di Kiev. E’ il contesto storico che è profondamente cambiato, e oggi gli esseri umani come cavalieri dell’apocalisse arrivano dal cielo e da terra con gli elicotteri e i carri armati a ricordare a tutti che la civiltà non è innocente.


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